La provincia di Cosenza è un territorio ricco di risorse naturalistiche e storico-artistiche, ma afflitto dai fenomeni di spopolamento ed emigrazione giovanile che caratterizzano tutto il Sud. Fino a qualche tempo fa la zona veniva considerata come una terra priva di prospettive.
Un vitigno autoctono
Fare sviluppo locale vuol dire creare economia con risorse scarsamente valorizzate. Per il Cosentino la risorsa in questione è il Magliocco: un’uva a bacca nera, semisconosciuta, vinificata in purezza. Su spinta di associazioni e produttori del territorio, dunque, è nato nel 2024 Magliocco Day.
L’evento, che sta riportando al centro del racconto enologico calabrese uno dei più antichi e rappresentativi uvaggi del territorio, ha già creato una rete di 40 cantine. E alla sua seconda edizione ha visto la partecipazione di più di 600 operatori del settore, tra cui chef stellati e giornalisti televisivi noti al grande pubblico. Dal Magliocco, inoltre, sono nati 20 nuovi prodotti alimentari che sono entrati nei menù di numerosi ristoranti e sono in fase di commercializzazione in Italia e all’estero.
Destinazione Magliocco
Attorno al Magliocco è nato un movimento di persone e di istituzioni che ha già reso il Magliocco Day il più grande evento dedicato a un vitigno autoctono in Italia. Ma il vero obiettivo è bloccare e invertire il continuo drenaggio di risorse che partono e non ritornano più, facendo passare il messaggio per cui anche in Calabria si può fare impresa e vivere dignitosamente.
Proprio per questo sono partiti i progetti collaterali di lavorareincalabria.it e dell’Accademia del Magliocco. È di recente creazione, inoltre, “Destinazione Magliocco”, una piattaforma dedicata al turismo esperienziale legato al vino che punta a valorizzare il territorio attraverso percorsi sensoriali, a cui si è affiancata l’istituzione del “Registro dei vini calabresi”.
Una scelta coraggiosa
L’elemento chiave risiede nella scelta di puntare tutto su un solo vitigno identitario. In un settore in forte fermento come quello del vino calabrese, l’intuizione è stata quella di uscire dalla mischia, valorizzando un’uva che, sì, era poco conosciuta e sottovalutata, ma che è lavorata da quasi tutte le cantine del posto. Questa direzione chiara ha generato un’immediata adesione da parte dei produttori che hanno riconosciuto nel progetto un’opportunità concreta per raccontare e rilanciare il territorio e le sue eccellenze.
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